La Compagnia CITTA’ D’ESTE presenta: QUEL SI FAMOSO – Sabato 04/10/2008 ore 21,00

La Contessa di Valbruna, più che settantenne, nubile e ricca, stanca d’essere sfruttata dai nipoti e derubata dai fattori e dalla servitù, decide di affidarsi alle mani di un uomo onesto e capace e, per assicurarsi meglio la sua fedeltà, si propone di sposarlo. Il prescelto è un vecchio amico di casa che forse ai tempi della giovinezza non le è dispiaciuto: Bortolo Onari, suo coetaneo, spennacchiato, un po’ sordo ma galantuomo ineccepibile, che da quarant’anni la adora, timidamente e in silenzio, e che all’idea del matrimonio si abbandona all’entusiasmo e alle romanticherie.
La commedia vive in parte delle tenere scene in cui questi due vecchi si raccontano il loro amore; ma la Contessa non è un tipo facile: quando Bortolo si entusiasma, lei si chiude in una corazza di discrezione e di buon gusto; quando Bortolo si trattiene, lo giudica freddo e se ne lamenta.
Altre difficoltà nascono dalle abitudini inveterate che ciascuno dei due ha coltivato: la Contessa, sempre abituata a comandare, vorrebbe prevalere su di lui, e una volta affidatogli il proprio patrimonio, se ne pente e diffida. E altrettanto fa Bortolo, che – inflessibile con i ladri della contessa – con lei finisce addirittura col prenderne le parti… (Renato Simoni)

Scritta nel 1944 per la “Compagnia del Teatro di Venezia” di Carlo Micheluzzi e Margherita Seglin (che la rappresentarono anche col titolo Temporali d’inverno), è uno dei copioni più originali del Teatro Veneto moderno.
Il rodigino Enzo Duse (1901-1963) – giornalista, commediografo in lingua e in dialetto – sa tratteggiare con arguta comicità l’ultimo sogno d’amore (il famoso “sì” delle nozze, appunto) dei due vecchi protagonisti. Sullo sfondo di una campagna veneta non ancora consapevole della rivoluzione economica, sociale e culturale del dopoguerra, la contessa di Valbruna si staglia come l’ultimo orgoglioso testimone della nobiltà terriera ormai definitivamente al declino.
Partendo da uno spirito ironicamente goldoniano (si direbbe evidente la parentela della Contessa di Valbruna con sior Todero…), l’autore giunge allo sviluppo di Quel sì famoso con una sua peculiare vis comica, che fa propria la lezione di Simoni, Rossato, Rocca e Palmieri su un Veneto svincolato dall’oleografia tradizionale: quella già felicemente delineata in Virgola (1936), che continuerà nelle commedie Carte in tavola e Queste nostre metà (1951), Nudo alla meta (1952), Mato per le done (1954) e in altre, quasi sempre scritte appositamente per i Micheluzzi in un dialetto nervoso e preciso, ancorchè squisitamente teatrale. La produzione teatrale di Duse si chiude nel 1957 con un potente dramma, Cà de Bò, portato alla ribalta da Cesco Baseggio.
Il giudizio più lusinghiero su Quel sì famoso è quello dato dal celebre studioso goldoniano Giuseppe Ortolani (cui è oggi intitolata la Biblioteca di Casa Goldoni a Venezia): “C’è qui dentro – ebbe a scrivere – il più bel dialogo d’amore del teatro veneto, Goldoni compreso”.

 

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